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IN LIBRERIA - IL LAICO IMPERTINENTE - Michele Martelli - Manifestolibri

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"Senza la laicità, la democrazia è una scatola vuota"

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lunedì 14 gennaio 2013

Servizio pubblico o privato?



Formidabile l’accoppiata Santoro-Berlusconi! Dopo la trasmissione di giovedì a La 7, Santoro ha registrato una audience da favola, circa 9 milioni di telespettatori, e il Pdl, secondo alcuni sondaggi, un aumento di consensi elettorali dall’1 al 3%. Ancora dieci di questi servizievoli pubblici talk show televisivi, e il nano mediatico potrebbe volare (ma facciamo i dovuti scongiuri) sulle ali di corvo di un malaugurabile 30-35% di consensi. E cioè risalire dal sottosuolo dorato della sua villa arcoriana, in cui si era furtivamente nascosto (come il famigerato baffetto di metà secolo nel suo bunker) temendo il peggio per le sue tante, troppe malefatte, e ripresentarsi ancora una volta come il Salvatore della nazione. Ma da chi? Ovvio. Non solo dal solito “comunismo” che non c’è, immaginario, allucinatorio, un incubo che disturba da decenni i suoi sogni regali, ma dal montismo che c’è, reale, concorrenziale, e che purtroppo Egli stesso ha partorito dalle sue viscere: una clonazione, in aeconomicis più perversa dell’originale.

Un miracolo! Santoro si è rivelato per B. un vero San-Toro mandatogli dall’alto via etere. Ah, ce ne fossero di San-Tori così! Perché sacrificarli, matarli, se è una pacchia cavalcarli? Ehi, non sono mica Cavaliere solo a parole? Non ho montato (oh, che parola evocatrice di ricordi scatenati!) i cavalli dello stalliere Mangano? Domare un finto toro, anzi inc…ornarlo con le sue stesse corna (il suo talk show) non dà forse più gusto?

In un solo momento Santoro è parso sacrosantamente infuriarsi: per difendere Travaglio dalla violenta letterina di accuse e insulti indirizzatagli dal “Cainano”. E qui il conduttore ha reagito con decisione e l’energia adamantina che lo ha reso famoso. Era un palese attacco alla libertà di stampa, e l’illiberale Cav. andava contestato e zittito. Se il lodevole scopo della trasmissione era trasformare B. in un interlocutore normale, capace di un dialogo civile, pacato e rispettoso dell’“altro”, questo “incidente” ne ha segnato il fallimento. B. ha colto il momento per rivelare la sua abissale “anomalia” rispetto alla “democrazia”, la sua immutata natura e vocazione autoritaria.

Ma nel complesso, l’opinione, non solo mia, è che tutta la trasmissione sia stata un’occasione persa. Persa per fare ancora una volta, come molti ci aspettavamo, del buon giornalismo. Ah, la Gabanelli! Ah, la stampa/tv di tipo anglosassone! Santoro ha purtroppo cominciato nel segno della rinuncia, della resa. Finiti i tempi di “Granada”, della corrida, dei “coltelli”. “Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, scurdàmmoce ‘o ppassato, simmo ’e Napule, paisà!”. Siamo in Italia, ma fa lo stesso.

Nel rapporto intervistato-intervistatore è doverosa la garbatezza, il gentlemen’s agreement. Non la rinuncia a duellare con l’intervistato, a inchiodarlo sui fatti. E così lo showman campano, in passato vittima egli stesso, insieme con Travaglio e altri, di editti bulgari (“l’uso criminoso della tv”), ha lasciato sorprendentemente che il bulgaro matador, acciaccato e “rifatto”, si ergesse pomposo nell’arena.

Berlusconi ha potuto così quasi spadroneggiare: risposte fasulle, bugiarde, finti sorrisi adulatori, voce grossa e imperiosa, gesti ingiuriosi (pulire la sedia “sporcata” da Travaglio). Si capisce la difficoltà del conduttore di intervenire energicamente, per non mandare all’aria la trasmissione. Ma dopo dieci anni di conflitti, accuse e controaccuse, qualcosa di più da Santoro e dagli altri ci si poteva aspettare. Pochi e poco preparati sono parsi gli interventi giornalistici: Le due belle sirene-giornaliste? Domande precise e inaggirabili, ma senza nervo. Travaglio? Inaspettatamente al di sotto della sua fama, delle sue capacità e dei meriti conquistati sul campo: un lacrimoso monologo su quanto “bene” il nostro Salvatore di Arcore poteva fare in vent’anni e non ha fatto per noi poveri disgraziati d’Italia. E chi non avrebbe di più gradito uno dei suoi soliti interventi puntuali, basati su una attenta e preziosa documentazione fattuale, ed esposti con quella sua sottile ed elegante ironia e quel suo pungente sarcasmo con cui ci ha dilettati in questi anni e di cui si è dimostrato maestro difficilmente superabile?

E invece è successo l’imprevedibile (da molti di noi increduli telespettatori). L’“ometto di Arcore”, ringalluzzito dall’assenza del fuoco di fila di critiche dure, senza vie di scampo, basate sui fatti, con documenti alla mano, ha tutto lo spazio, dopo i servizi (ma non era meglio trasmettere le risatine di intesa tra Merkel e Sarkozy?), per esporre la propria difesa d’ufficio, quasi senza contraddittorio, se non il pungolo di battute qua e là disseminate. E così l’intervistato può sviluppare i suoi attacchi. Dalla Costituzione (da riformare-deformare presidenzialisticamente) all’Alta Corte (“comunista e faziosa”, non lo sarebbe, ovviamente, se prona alla frenetica decretazione ad personam), dalla magistratura (rea di ostinarsi a voler sottoporre alla legge e ai codici anche gli intoccabili B. e accoliti tipo Dell’Utri) alla stampa internazionale anch’essa di “sinistra” (l’“Economist”, figuriamoci!) al Monti delle impopolari misure fiscali e di austerità (“in parlamento osteggiate dal Pdl”: ma quando mai?). Un’alluvione di intenti, autogiustificazioni e menzogne reazionarie!

Qualche scambio di battute al vetriolo c’è stata, certo. Ma poche e deboli le interruzioni dovute, le precisazioni fattuali, le talvolta vigorose contro-argomentazioni tipiche del più alto giornalismo europeo. A dispetto del suo bellissimo nome, forse bisogna dire che questa volta “Servizio Pubblico” si è dimostrato meno pubblico, e più “Privato”, più attento all’audience che a ristabilire una qualche verità condivisibile sui vent’anni dell’Italia violata.

Credo che Santoro abbia tutt’altro interesse che finire la sua straordinaria carriera di giornalista antiregime, democratico e controcorrente, passando, “mi si consenta” una battuta cattiva e ingenerosa, da “Servire il popolo” a “Servire il Popolo (della libertà)”.

Di Michele Martelli
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Michele Martelli

«Ma perchè il Vangelo non dice mai se

Cristo ridesse?», chiesi senza una buona

ragione.

«Sono state legioni a domandarsi se Cristo

abbia riso. Credo che non abbia mai riso

perchè, onniscente come doveva essere il

figlio di Dio, sapeva cosa avremmo fatto

noi cristiani...»


Umberto Eco


Michele Martelli
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