Alcune divertenti storielle e acute argomentazioni dialettiche, presenti in Paul Watzlawick in "Istruzioni per rendersi infelici", più volte riedito da Feltrinelli, ci possono aiutare a capire la situazione italiana.
I) La storia del martello. Per appendere un quadro alla parete, un uomo, che ha il chiodo ma non il martello, potrebbe chiederlo al vicino di casa, ma poi pensa: “Ieri mi ha salutato appena, forse aveva fretta, chissà, o forse ce l’ha con me, ma io un piacere così glielo farei subito, e perché lui no? - Sicuramente immagina che io abbia bisogno di lui, ma si illude, adesso basta”. Così si precipita dal vicino, e prima che questi possa aprir bocca, gli grida in faccia: “Si tenga pure il suo martello, villano!”. Il Pd aveva il martello, e 5s il chiodo, o viceversa (a scelta della tifoseria piddiellina o pentastellata, spesso molto debole la prima, e spesso da curva nord la seconda), ma il quadro non è stato appeso. Fuor di metafora, il governo del cambiamento è rimasto nel cassetto dei sogni proibiti degli italiani. E così pure un nuovo Presidente della Repubblica, che garantisse finalmente con coerenza e determinazione la legalità costituzionale.
II) Gli elefanti scacciati. Un uomo, che batteva le mani ogni dieci secondi, richiesto da un passante del perché di questo suo strano comportamento, rispose: “Per scacciare gli elefanti”. - “Elefanti? Ma qui non ci sono elefanti!”. - E lui: “Appunto”. Per il Pd il pericolo degli elefanti era rappresentato da 5s, e viceversa (lo dico sempre per avvantaggiare alternativamente le due opposte tifoserie). “Elefanti noi? Elefanti sarete voi!”. Ma, appunto, di elefanti non c’era traccia. Tuttavia, pur di scongiurare l’inesistente, immaginario pericolo dell’altro, ognuno, più o meno, si richiudeva difensivamente e inesorabilmente, dopo finte o poco credibili e comunque sempre inefficaci aperture, nel proprio rassicurante bunker. Per dirla con Leibniz, ognuno diventava una monade senza porta e senza finestre. Incapace di comunicare.
III) Il gioco a somma zero. Quando in un rapporto tra due giocatori o contendenti l’uno vince e l’altro perde, e l’uno ritiene di aver avuto totalmente ragione contro l’altro, che sarebbe stato totalmente nel torto, allora si ha il gioco a somma zero, perché la vincita dell’uno riproduce in forma compensativa la perdita dell’altro. Ma rivendicare a posteriori torti e ragione a nulla serve, se non a placare ipocritamente i propri sensi di colpa. I due giocatori, Pd e 5s nel nostro caso, potevano vincere insieme, invece hanno perso entrambi. L’unico vincitore è stato il terzo giocatore, Berlusconi, che, supportato dalla “quinta colonna” dei “101 traditori” (ignobili pugnalatori di Prodi, lo sarebbero stati anche di Rodotà), ha imposto una nuova partita con 5s fuori gioco, e un Pd ridotto a pezzi. Ed è stato così Napolitano II e governo Letta.
Ma non tutto è perduto.
Chi sostiene iperrealisticamente che il governo Letta sia l’inevitabile sbocco conclusivo di una politica inciucista durata vent’anni (“non poteva andare diversamente, finalmente si sono smascherati!”), non solo trascura la contingenza degli eventi, ma non s’avvede di fare lo stesso discorso, sebbene di segno valutativo opposto, dell’avversario che vorrebbe combattere: Berlusconi. I “101 infami del Pd” non sono ovviamente tutto il Pd, ma una minoranza, peraltro isolata e smentita da gran parte della base del partito. Hanno vinto, ma la loro vittoria non era scritta nel cielo. E soprattutto, può rivelarsi una vittoria di Pirro. La cosa dipende, come direbbe Machiavelli, dalla “Fortuna”, dall’imprevedibile casualità degli eventi, ma anche dalla “Virtù”, dall’intelligenza, capacità e abilità tattiche e politiche degli oppositori.
Per tornare alla nostra metafora del gioco, occorre mirare ad un gioco a somma diversa da zero. Infatti, il terzo giocatore potrebbe ancora essere espulso, messo fuori gioco, se gli altri due si mostrassero in grado di aprire una nuova partita, e correggere gli errori commessi nella prima. Il che implica che Sinistra Pd, Sel e 5s (le forze probabilmente coinvolgibili in un’eventuale “cantiere di sinistra”) abbandonino ciascuno i propri pregiudizi e unilateralismi, evitando le trappole autolesionistiche del tipo di cui sopra, e lavorino per preparare una nuova maggioranza in Parlamento, rovesciando quella attuale. Basterebbe predisporsi ad un’opposizione spregiudicata, accorta e costruttiva su singoli provvedimenti ad hoc, capaci di aprire e allargare le crepe e contraddizioni presenti nel campo avversario, fino a farlo “saltare”. Persino senza forse nemmeno, come azzarda qualcuno, far cadere il governo, che potrebbe subire un reimpasto. A scorno di Berlusconi, ritrasformato così in Cavaliere inesistente.
Fantapolitica? Forse sì e forse no. Certo, le condizioni oggettive e soggettive sono difficili, al limite dell’impossibile. Ma chi dispera è perduto. In una sua classica definizione, la politica è l’“arte del possibile”. O del rendere possibile domani ciò che sembra impossibile oggi. Perciò mai rassegnarsi. Audaces fortuna iuvat.